Il "Made in Italy" è una dicitura spesso utilizzata per difendere e valorizzare la produzione artigianale e industriale del nostro Paese. Tuttavia, nell'epoca della globalizzazione il problema nasce qualora alcune o tutte le fasi di lavorazione del prodotto si svolgano fuori dall’Italia.
Bisogna dire che il “Made in Italy” indica un concetto disciplinato direttamente a livello comunitario: ai sensi della normativa europea (regolamento CEE n. 2913 del 1992, che istituisce il Codice doganale comunitario, e regolamento CEE n. 2454 del 1993), nel caso in cui alla produzione della merce abbiano contribuito due o più Paesi, la merce si considera originaria del Paese dove è avvenuta l’ultima trasformazione/lavorazione sostanziale.
Ancora più chiaramente, un’azienda può apporre la dicitura “Made in Italy” su un prodotto quando è stato interamente ottenuto in Italia e ha subìto in Italia una fase di lavorazione sostanziale.
Sappiamo bene come il Made in Italy sia un "Brand" di assoluta eccellenza, uno stile di vita, un simbolo di cultura, di storia, di innovazione, di una ricca tradizione di arte e mestieri che ci rendono unici nel mondo ed è proprio per questo che sarebbe opportuno che questo brand sia assunto come sfida nazionale facendo parte del cosiddetto "Sistema Italia".
Citiamo alcuni dei fenomeni e dei problemi che gravano sul nostro "Made in Italy":
- la contraffazione: il Made in Italy perde più di 70 miliardi annui secondo una recente analisi dell’ European House-Ambrosetti;
- l' Italian sounding, comprensiva di tutte quelle pratiche finalizzate alla falsa evocazione dell’origine italiana dei prodotti. Tale fenomeno è di dimensioni economiche estremamente gravose per tutte le aziende italiane esportatrici ed ostacola la forza del brand Italia;
- le barriere tariffarie e doganali che riducono la competitività dei prodotti nostrani sui mercati esteri: ne sono esempio i dazi aggiuntivi del più 25% sui prodotti italiani negli Stati Uniti e i divieti assoluti di esportazione di alcune categorie merceologiche in Cina, quali ad esempio i salumi;
- Il “Nutriscore” questo fuorviante sistema di etichettatura dei prodotti alimentari sviluppato in Francia;
- la burocrazia italiana e delle carenze del nostro sistema giudiziario che indeboliscono il nostro brand anche in termini di comunicazione tra istituzioni ed imprese. Tuttavia, tra la troppo burocrazia e la PA spesso inefficiente il marchio Italia nella “Brand Finance Nation Brands 2021”, si trovava al 9° posto. Nel 2021 il valore del brand Italia è stato stimato circa di 1.985 miliardi di dollari (+11,7% rispetto al 2020, quando si era registrato un brusco -15,8% rispetto al 2019).
Mentre dopo il 2020, anno in cui le prime 100 nazioni avrebbero perso 13.100 miliardi dollari di valore per via della pandemia, l’Italia ha mostrato dunque una forte ripresa. Questa crescita è stata favorita anche dagli investimenti di alcune imprese che sono risultate molto più abili nello sfruttare l’immagine italiana.
Inoltre, in termini finanziari stiamo vivendo un contesto particolarmente difficile, ancora caratterizzato da elevata incertezza e forti pressioni inflazionistiche: in ottobre, l'inflazione complessiva nell'area dell'euro ha raggiunto il livello più alto dall'introduzione dell'euro, con l'inflazione al 10,6%.
Pertanto, la BCE ha proseguito il suo percorso di inasprimento della politica monetaria aumentando i tassi d'interesse. Questo si ripercuote sull'economia reale, aumentando i costi per le aziende e per le famiglie.
Proprio per questo, sarebbe auspicabile invertire la tendenza per la quale le PMI italiane hanno una forte dipendenza dal “Credito bancario” siamo al 57% vs una media EU dello 42%.
Anche in tema di "transizioni" come quella energetica o digitale ci sono delle difficoltà che derivano dagli elevati costi di investimenti. Tuttavia, sarebbe utile per le imprese non considerare questi passaggi come costi aziendali ma come investimenti utilizzando gli strumenti di finanza agevolata utili allo scopo.
Nonostante l'eccellenza del Made in Italy il contesto globale non è di certo favorevole, lo stiamo vedendo anche con le ultime emergenze come quella energetica, della guerra o ancora del covid.
A tal proposito, nonostante a livello europeo sembra che non sia stata ancora trovata una soluzione concreta e condivisa per l'emergenza energetica, la Commissione ha stanziato più di 43 miliardi di euro di investimenti orientati alle politiche sosterranno il Chips Act fino al 2030,
Questo si tramuta in sostegno alle imprese europee per Ricerca & Innovazione per accrescere la competitività del sistema produttivo e la gamma di prodotti offerti sul mercato. “Nuove conoscenze portano evoluzione nei diversi settori, dalla produzione di beni all'erogazione di servizi innovativi”.
Per tutti i bandi a sostegno del "Made in Italy" vi invitiamo a seguire il seguente link: https://www.alessandropanza.eu/blog
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