Pochi giorni fa, e per la precisione il 7 ottobre, si è celebrata la ricorrenza della grande vittoria navale di Lepanto combattuta nelle acque del golfo di Patrasso in Grecia tra la flotta cristiana composta da galee veneziane, pontificie, spagnole e degli Stati italiani contro quelle dell’Impero ottomano. Pochi episodi della storia hanno fatto colare più inchiostro e hanno riempito più volumi dello scontro che il 7 ottobre del 1571 vide misurarsi due mondi socio-politico-religioso contrapposti. Questa battaglia navale fu uno scontro ciclopico con una schiacciante vittoria cristiana, una catastrofe per il Turco; al tempo stesso, una battaglia vinta all’interno di una guerra perduta, quella per il possesso veneziano dell’isola di Cipro combattuta tra 1570 e 1572.
Su questo episodio sono stati scritti moltissimi libri, molti dei quali esaurienti e tra questi uno soprattutto è quello di Alessandro Barbero con il suo Lepanto. La battaglia dei tre imperi, una vera ricerca che non enfatizza il facile trionfalismo della vittoria ma si fonda su un serio e rigoroso richiamo alle forze in campo con un costante focus ed esame delle corpose fonti bibliografiche d’archivio. L’Impero ottomano, la Spagna asburgica, la Repubblica di San Marco si contendevano, da almeno un secolo, l’egemonia Mediterranea con quest’ultima che vedeva perdere sempre più avamposti, e commerci, in Oriente e nell’Egeo in favore dei Turchi.
L’episodio di Lepanto si situa nella prima fase dell’”Autunno della crociata”, i tre secoli di guerre e di schermaglia diplomatica e commerciale che accompagnarono i rapporti tra Europa cristiana e Impero ottomano dalla caduta di Costantinopoli del 1453 alla pace di Passarowitz del 1718 che dette avvio alla decadenza del gigante ottomano. La grande battaglia navale del 7 ottobre e il suo ‘mito’ crebbero in tutta Europa, nello spirito e nella rievocazione delle epiche crociate medievali e seppe suscitare una incredibile ‘onda lunga’ sullo scontro di civiltà cristiano-musulmano creando, spesso, dei falsi miti come quello dell’invincibilità navale dei Turchi, dell’islamizzazione europea a seguito di un esito opposto a Lepanto o della concordia e idem sentire della coalizione cristiana.
Un breve quadro storico in cui si svolsero i fatti. Nel corso del XVI secolo l’Impero ottomano raggiunse la sua massima espansione, al riguardo basti pensare l’assedio di Vienna del 1529 voluto da Solimano il Magnifico senza riuscire tuttavia a impadronirsene, ma assoggettando l’Ungheria e tutti gli Stati slavi. La politica espansionistica turca fu sempre una prerogativa dei sultani a partire dal XIV secolo e soprattutto dopo la conquista di Costantinopoli. sul finire degli anni Sessanta del Cinquecento si aprì la questione di Cipro che gli Ottomani volevano inglobare definitivamente nei propri confini: dopo quarantacinque giorni di assedio cadde nell’agosto 1570 Nicosia, seguita da Famagosta nonostante la difesa eroica del comandante veneziano Marcantonio Bragadin.
Alla notizia dello sbarco degli Ottomani a Cipro Venezia non poteva restare inerte, come disinteressati non potevano essere gli Stati cristiani del Mediterraneo, così si ideò una spedizione con navi veneziane, del re di Spagna e dello Stato pontificio al fine di contrastare questo tentativo di impadronirsi del Mediterraneo e con esso dei suoi traffici. Ma fra disaccordi di gestione sull’azione da intraprendere non si arrivò a uno scontro con la grande flotta ottomana; dopo non poche difficili trattative, si giunse nel 1571 a costituire, sotto l’egida di Papa Pio V, una Lega Santa a cui parteciparono il Granducato di Toscana, il Ducato di Savoia, i Cavalieri di Malta, la Repubblica di Genova, lo Stato pontificio, l’Impero spagnolo, con i Regni di Napoli e di Sicilia, e la Repubblica di Venezia. Si allestì una poderosa e agguerrita flotta costituita da 204 galee e 6 galeazze, con 28.000 soldati, circa 13.000 marinai e un gran numero di rematori, stimati in 43.000; la potenza di fuoco di questa armata marittima era assai notevole, rappresentata da circa 1.800 cannoni. L’Impero ottomano poteva opporre 216 galee, 64 galeotte e 64 fuste, un numero quindi superiore, ma lo stato di manutenzione di queste imbarcazioni era spesso inferiore e meno moderno. Sulle navi turche erano imbarcati 34.000 soldati, pochi con archibugio, a differenza degli avversari, 13.000 marinai, 41.000 rematori e solo 750 cannoni. Al comando alla Lega Santa era Don Giovanni d’Austria, alla flotta ottomana Alì Pascià. Lo scontro avvenne il 7 ottobre 1571 nelle acque antistanti la cittadina greca di Lepanto e, dopo alterne vicende e rovesciamenti di fronte, si concluse con una grande vittoria della Lega Santa, che affondò e catturò circa 189 navi nemiche, contro la perdita di soli 17 suoi vascelli.
Se si pensa che con questo grande successo si riuscì a porre freno all’espansionismo turco ci si sbaglia, poiché continuarono le conquiste in terraferma (si ricordi il successivo assedio di Vienna del 1683) e anche in mare, per quanto limitate a isole geograficamente greche, come Creta, oppure all’Africa settentrionale, come la Tunisia. Invece fu una battuta d’arresto per la marina turca, da cui non riuscì più a risollevarsi e, soprattutto, il successo della Lega Santa ebbe un valore simbolico più grande di quello bellico. Benché la flotta turca fosse stata ricostruita in un solo anno, i vascelli risultavano tecnologicamente inferiori come qualità e armi in dotazione a quelli della Cristianità; a ciò si aggiunga che la Lega Santa fu rapidamente sciolta, anche per la morte di Papa Pio V che l’aveva sostenuta.
Questo in estrema sintesi il conflitto: dai prodromi della battaglia navale vera e propria fino alle conseguenze del fatidico 7 ottobre 1571. Un evento ampiamente studiato e discusso, sicuramente da ricordare sotto l’aspetto bellico e tecnologico nonché per la portata politico-propagandistica che ebbe sui Governi e sulla popolazione dell’epoca ma che, di fatto, non sortì, come spesso si crede, effetti così determinanti nella storica e secolare guerra tra Oriente e Occidente, tra Islam e Cristianesimo.
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