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I Walser nella tradizione alpina tra Alto Piemonte e Vallese. Storia, lingua e nuova valorizzazione

La storia dei Walser è una tra le più affascinanti e suggestive per scoprire il composito mondo socio-culturale delle Alpi e dell’antica colonizzazione delle terre alte del nostro splendido territorio montano.


I Wlaser sono uno dei tanti popoli di orgine germanica che sul finire dell’epoca Antica hanno avviato un processo migratorio per l’Europa, si tratta di popolazioni di origine alemannica o Sassone che iniziarono a spostarsi da nord verso il Vallese attorno al VIII secolo con le ultime migrazioni ‘barbariche’ prima di stabilirsi definitivamente in varie località lungo tutto l’arco alpino tra Italia, Svizzera, Liechtenstein e Austria. Questo popolo alla metà del XIII secolo giunse definitivamente in Valsesia, nell’Ossola e nelle vallate a sud del Monte Rosa, alla ricerca di nuovi pascoli per il loro bestiame e di terre incolte da sfruttare, con alcuni piccoli gruppi di coloni sviluppando nel corso del tempo insediamenti stanziali che si conservano ancora oggi. Il nome Walser è la contrazione del nome tedesco Walliser ovvero ‘vallesano’ abitante del Canton Vallese; il più antico documento scritto oggi conosciuto relativo alla fondazione di un insediamento Walser risale al 10 maggio 1253 e riguarda la colonia di Bosco Gurin, nel Canton Ticino.

Quello dei Walser è un popolo contadino con uno stile di vita basato interamente sui ritmi dell’attività rurale scandita dalle stagioni e dalle festività religiose, essi commerciavano con le popolazioni vicine i propri capi di bestiame e i prodotti della lavorazione del latte. Le differenze economiche e di stirpe contrapposero spesso le popolazioni Walser a quelle autoctone in molte dinamiche, al punto da spingerli verso un totale autonomia e sussitenza ad ogni esigenza, alimentare ed economica accrescendo e rafforzando il forte senso comunitario, di coesione sociale e di spiritualità di ogni villaggio. Da qui la nascita di alcune importanti isole linguistiche in aree di diversa origine.


Una chiara dimostrazione la offrono anche gli edifici e i centri abitati delle comunità Walser, caratteristiche che li distinguono da quelli dei villaggi confinanti tanto da diventare oggetto di turismo e documentazione storica; la casa rurale antica o casa Walser è costruita, come tutte le abitazioni contadine dell'arco alpino, in pietra (fondamenta e piano terreno, adibito ad abitazione per gli uomini e stalla per gli animali) e legno soprattutto di larice ma con balconate esterne protette da un ampio sporto del tetto e soppalchi di legno che corrono intorno alla casa utilizzati in passato per essiccare i prodotti agricoli.

Nel corso dei secoli il cambiamento climatico che seguì al medioevo portò alla cosiddetta “Piccola era glaciale” dove i ghiacci ebbero la meglio sui valichi alpini e i pascoli ad alta quota isolando per molti mesi all’anno le popolazioni Walser più marginali spingendo molti di loro ad emigrare altrove in cerca di lavoro. Come narrava la tradizione nel corso dell'Ottocento, in mancanza di legami stabili tra le diverse colonie Walser, gli studiosi pensarono che questi ultimi fossero i discendenti dei soldati di una legione romana composta da tedeschi costretta da eventi bellici sfavorevoli a stabilirsi sulle Alpi. Solo un'attenta analisi dei dialetti alto-tedeschi da loro utilizzati permise di collegare le comunità Walser italiane con le popolazioni che vivevano nell'alto Vallese.


Proprio tra Ottocento e Novecento torna in auge la storia di questo antico popolo presente nelle alte valli alpine e grazie al professore e politico Cristiahn Bühler che scrisse negli anni Settanta il testo ''Aus Der Geschischte der freien walser'', una versione romanzata delle imprese degli antenati Walser, si apprese meglio dell’epoca nella quale i contadini delle lande nordiche nel 1300 arrivarono nelle terre alte di Svizzera e Formazza, confinanti tra loro. Una storia che attraversò l’Atlantico con Johanna Aeschback una donna svizzera che tradusse il testo in inglese americano per farlo conoscere ad amici e parenti, anch’essi originari Walser, ma ormai inconsapevoli della propria storia e dei propri antenati. Decenni dopo il libro torna nelle terre d’origine con il nome di “Walser liberi” e “A saga of the free Walser”, una narrazione che riprende le vicende di alcuni popolani costretti a lasciare il villaggio per cercare fortuna Oltralpe e oltreoceano.

In questo come in altri preziosi scritti, oltre ai racconti di passate generazioni Walser, si descrivono usi e costumi di quelle epoche, con menzioni ai primi antichi colonizzatori giunti in Formazza e in altri luoghi attratti dai verdi pascoli e dal fiume Toce. In queste pagine si comprende come dapprima commercianti e mercanti essi riuscirono a stabilirsi e popolare le terre alte di Pomatt. Situazioni storiche realmente accadute e fedelmente narrate da Buhler, periodo nel quale tutte le comunità Walser hanno subito una profonda contrazione, che in alcuni casi è stata molto più significativa che in altri. Oggi si possono distinguere località che hanno abbandonato precocemente l’economia tradizionale, attraendo anche popolazione dall’esterno ma stravolgendo la propria compagine sociale e linguistica (ad es. Alagna e Macugnaga), da comunità rimaste più a lungo fedeli alla vocazione agro-pastorale e al patrimonio linguistico ma economicamente meno vivaci.


La sfida contemporanea è quella di tutelare e promuovere presso l’istituzione: regionale, statale ed europea tutti gli originali patrimoni linguistici delle grandi comunità storiche, in questo caso quella piemontese (ma non solo) nella quale convivono anche le minoranze occitana, franco-provenzale e appunto Walser ponendo come obiettivo lo sviluppo di iniziative per una concreta valorizzazione unita ad un rinnovato studio volto ad una migliore conoscenza e diffusione della storia del nostro territorio e delle minoranze linguistiche e culturali che l’hanno formata nei secoli.

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